Aspettando la riforma laica e nonviolenta
Marco Pannella
Il Partito democratico può e deve convertire la sua crisi in nuova proposta politica, aiutando a far vivere gli ideali e le speranze della grande riforma: quella nonviolenta dell'organizzazione mondiale della e delle democrazie, quella laica della libertà di religione e di ricerca. Mi auguro e vi auguro una buona Assemblea, con reciprocità di attenzione al VII Congresso italiano del Partito Radicale nonviolento, transnazionale e transpartito del prossimo fine settimana, al quale speriamo molti democratici vogliano assistere.
Conoscete forse un paese moderno in cui importanti soggetti politici si qualifichino "cattolici"? O una forza politica che si definisca laica in cui vi sia contrapposizione interna tra cattolici, ebrei, musulmani in quanto tali e laici? Occorrerebbe tornare indietro di almeno mezzo secolo rispetto alle evoluzioni del mondo democratico e ignorare uno sviluppo storico secolare ritenuto addirittura tra le concause del concilio Vaticano II.
Conoscete un paese in cui le primarie siano precluse a candidature contrapposte e riservate invece solo al candidato "ufficiale"? O in cui primarie dei "giovani" con candidature effettive, concorrenti, non hanno ancora i risultati noti dopo due mesi?
Questi equivoci di fondo erano e sono tuttora nel Pd, e ne costituiscono forse l'elemento maggiore di crisi e insuccesso. Vi si confrontano non libere opinioni, ma pretese "forze", tali in quanto rappresentanti di poteri e non della propria consistenza democratica interna inesistente.
Il Partito democratico è sembrato tornare a uno schema storico che proprio forze di riferimento "cristiano" (e non "cattolico", "luterano", "calvinista" o "riformato") con gli Adenauer, i De Gasperi, gli Schumann, cretaori dell'Europa, sgominarono. Scomparvero così componenti importanti non laiche del mondo cristiano, fondate non sulla fede, ma su etiche, culture, dottrine sociali e politiche che avevano la vocazione controriformiste dell'egemonia sulla società e sullo Stato.
Potremmo anche chiedere se sia serio proclamarsi in linea di principio favorevoli ai sistemi uninominali, perseguendo invece il tentativo di creare autoritariamente, con complicate manipolazioni elettorali, una finzione bipartitica, maschera di un sostanziale mono-partitismo di netta impronta statalista?
Noi Radicali da sempre tentiamo di giungere a un reale bi o tri partitismo di stampo anglosassone e liberale, con l'obiettivo di una storica e strutturale unione delle sinistre laiche, liberali, socialiste, comuniste. Questa unità, quando siamo riusciti a imporla, ha prodotto le uniche grandi conquiste civili ed europee conosciute in Italia.
Per questo il Pd sin dalla sua costituzione è sembrato volto a realizzare mini-unità, mini-compromessi mini-storici, con forze di stampo autoritario, anti-liberali e anti-garantiste negando seria interlocuzione con la storia ed alla presenza dei Radicali.
Questa scelta ci appare sbagliata, costosissima, per il tentativo quanto necessario di riconquistare democrazia e diritto. Come Radicali, con la Rosa nel pugno, fummo in buona parte autori della vittoria del 2006. Tutti riconoscono la nostra lealtà da "ultimi dei giapponesi" verso governo e maggioranza Prodi, riconoscimento ci sembra non esteso ad altri democratici.
Esprimiamo l'augurio che sulla base di una grande riforma "anglosassone", liberale e davvero "europea" si giunga alla grande riforma di piena religiosità civile liberal-socialista (con riferimento ad esempio ai movimenti fabiani o al grande nome di Silone) fondata sui diritti umani che è per il mondo la sola risposta moderna ai suoi urgenti e drammatici problemi.
21-II-09, agenziaradicale, (da Europa quotidiano 21 febbraio 2009)