di Giorgio Frasca Polara, dal sito: “Libertàgiustizia"
Possibile che, in violazione di tutte le norme in vigore (sulla privacy, sul censimento linguistico, ecc.), un pugno di fascio-razzisti si approprino di documenti scolastici e ne facciano un uso tra il razzista e il discriminatorio? Non solo è possibile, ma costoro hanno agito con la copertura della amministrazione comunale di una città capoluogo, e questa copertura ha ottenuto persino l’avallo del governo di centrodestra. Traggo questi elementi da una interrogazione della deputata Rita Bernardini (radicale nel gruppo Pd di Montecitorio) e dalla risposta scritta fornitale dal ministro per i rapporti con le regioni, il forzista Raffaele Fitto.
Rita Bernardini, dunque, scopre che a Bolzano i gruppi consiliari comunali della Svp e di An hanno chiesto all’amministrazione municipale gli elenchi dei bambini iscritti alle scuole materne. Il motivo dichiarato della richiesta? Verificare l’appartenenza etnico-linguistica di tutti i bambini che frequentano le scuole materne di lingua tedesca per conoscere se tra questi vi siano “troppi” bimbi di lingua italiana. L’amministrazione municipale non batte ciglio e, senza l’autorizzazione preventiva dei genitori dei bambini, consegna gli elenchi ai due gruppi. Ed ecco allora la conferma, un po’ sfacciata, della fondatezza delle motivazioni della richiesta: il vicesindaco e assessore Oswald Ellecosta (Svp), annuncia di avere “scoperto”, grazie al controllo minuzioso di quegli elenchi, che in alcune sezioni degli asili di lingua tedesca oltre il 50% degli iscritti è di lingua madre italiana. In buona sostanza è stata consentita dall’amministrazione comunale e realizzata dai due gruppi una sorta di schedatura su base etnico-linguistica, e quindi potenzialmente discriminatoria, di tutti coloro che frequentano le scuole materne di lingua tedesca.
Prima osservazione della interrogante: le norme sul censimento vigenti nella provincia autonoma di Bolzano prevedono che la richiesta di appartenenza linguistica sia resa a partire dal diciottesimo anno di età, escludendo espressamente che i minori (figuriamoci i bimbi delle scuole materne) siano tenuti e/o obbligati a rilasciare a terzi una qualsiasi dichiarazione posto che, per i bambini, la normativa sui dati sensibili è molto più restrittiva. Seconda osservazione: lo statuto di autonomia regionale prevede espressamente che gli alunni sono liberi di iscriversi a qualunque scuola, di ogni ordine e grado, sia essa di lingua tedesca o italiana Terza: un decreto del capo dello Stato prevede procedure rigorose per i casi in cui un bambino iscritto non possegga adeguate conoscenze della lingua della scuola. In sostanza è proibito qualsiasi intervento di estranei, il procedimento è affidato all’autonomia scolastica. Quarta e ultima osservazione: l’articolo 323 del codice penale punisce chiunque ricopra una pubblica funzione e utilizzi atti (in questo caso le liste del bimbi iscritti) per scopi non consentiti dalla legge e che per giunta manifestamente configgono con il diritto alla riservatezza.
Stupefacente la risposta del ministro Fitto. Anziché esprimere un giudizio severo su quel pugno di dirigenti della Svp e di An; anziché prendere il toro per le corna e denunciare tutto al Garante della privacy (cosa che invece ha fatto correttamente, ma con evidente minore autorità, il presidente del Consiglio provinciale di Bolzano) e pretendere dalla Regione Trentino-Alto Adige un intervento deciso, punitivo, nei confronti degli amministratori di Bolzano responsabili di questa indecente scorrettezza, a denti stretti il ministro ha ammesso la totale fondatezza della denuncia di Rita Bernardini ma si è barricato dietro gli atti già adottati e le decisioni già prese, ad esempio prendendo per buona la grottesca interpretazione da parte dell’ufficio legale del comune delle norme in materia di accesso ai documenti amministrativi, e sottoscrivendo le assicurazioni (venute solo dopo la denuncia dello scandalo) della “’intendenza scolastica”, del “dipartimento delle libertà pubbliche” e di altri organismi che si sono rivelati, almeno in questa occasione, inutili come un raffreddore.