Il profeta dei radicali liberi
Marco Pannella: sfatta l´Italia, facciamoci migliori
Dietro una nuvoletta profumata di toscano al grappino, Marco Pannella sorride rilassato. Sta per accendere i motori. Una mano scompare tra i lunghi capelli candidi (un tempo forse biondi), rapida riflessione silenziosa e via. Risponde solo a un pezzetto di domanda, poi si perde felice nei labirinti della memoria. Tempo perso richiamarlo all´ordine.
Scusi, può sintetizzare?
«La sintesi è un problema del giornalista. Mica mio. Ascolti, prenda appunti, selezioni. E dopo scriva, se le va».
Segue una valanga di parole, che sono il segno della sua cronica logorrea ma anche della sua schiettezza, d´una sincerità mai brutale, semmai barocca, infiocchettata d´un vocabolario ricco e un tantino retorico. Chi lo detesta per questi irrefrenabili prolassi verbosi, dice che è il guttalax della politica italiana. I militanti gli mostrano invece un´attenzione libera e devota. L´area di mezzo, quella che non è radicale ma qualche volta si è schierata con lui, ne ha grande rispetto: in fondo, è un padre della patria. Se nel Belpaese, involontario dirimpettaio del Vaticano, esiste il divorzio, lo dobbiamo proprio a questo signore: che è duro, aggressivo, severo e con una forte propensione al martirio.
Enzo Bianchi, priore di Bose, gli ha fatto gli auguri per i 79 anni complimentandosi con «un uomo che sa combattere le battaglie con lealtà, convinzione e passione. Merita rispetto perché pone domande legittime non solo a noi credenti, domande che esigono risposte secondo il Vangelo, non altre risposte. Pannella è provvidenziale». Fortebraccio, leggendario corsivista de L´Unità, lo liquidò senza sconti: «Costui lavora per la Dc, è al suo servizio». Di peggio è riuscito a dire solo Umberto Bossi, leader della Lega: «Noi siamo l´opposto dei radicali. Loro sono contro la politica. Vogliono pochi e grandi che abbiano in mano il mondo. Noi siamo per gli ideali della politica, per la famiglia. Loro sono contro la famiglia da sempre, tanto che vogliono sostituire i figli con gli immigrati extracomunitari».
Giacinto Pannella, detto Marco, va giustamente fiero di bocciature così ridicole. Tant´è che le elenca nella sua personalissima rassegna stampa che passa per Indro Montanelli ( ...fra i tanti tappeti messi in vendita da questo ineguagliabile magliaro ce ne sono tanti falsi. Ma ce ne sono anche di autentici ), prosegue con Eugenio Montale (che lo appaia al dissidente sovietico Andrej Sacharov), riluccica con Giulio Andreotti ( Marco, anche quando graffia, non provoca rancori ).
Si sente monumento nazionale?
«Al di là del fatto che i monumenti si fanno ai morti e io conto invece di trattenermi ancora un po´ con voi, la trovo una battuta...prematura. Credo nel mio dovere di cittadino, tutto qui».
Dicono soffra di manìe di persecuzione.
«Verissimo. Ma per quanti, potenti e prepotenti, frustrati e impotenti ci e mi hanno perseguitato invano. In 50 anni sono stati almeno centinaia, gli stessi che suonavano campane a morto di sera per noi e, tutti, ma proprio tutti, abbiamo poi dovuto accompagnarli al loro riposo. Che siamo e siamo stati ostracizzati per decenni nessuno a livello istituzionale e anche politico oggi lo nega, tutt´al più lo giustifica».
Hanno scritto: Marco ha un alto concetto di sé.
«Ecco, questa mi pare una piccola stronzatina. Non vale la pena di commentarla. Piccola e stronzatina».
Parlano anche di umoralità incontenibile.
«Attenti a non confondere la passione per una battaglia politica con le nevrastenie private. Quando vi sono idee e obiettivi chiari, non v´è spazio per umori. Io non odio nessuno. I radicali non sono in Chiesa né nell´Esercito".
Laici.
«Esatto. Che non significa affatto essere necessariamente atei».
E che significa?
«Un vero credente (cattolico, cristiano, buddista, teista o non teista) non può oggi che essere, di suo, laico. Un simbolo eloquente è l´omaggio universale a Giordano Bruno, martire per la sua profonda religiosità umanistica, processato e arso da un potere simoniaco, blasfemo, temporale e usurpatore».
Lei, però, è sicuramente anticlericale.
«Non però , se permette. Qualsiasi forma di religiosità lo è, scaccia dal tempio della coscienza e/o della fede falsi dottori e autentici mercanti»
Dice così perché non è credente.
«Chi l´ha detto? Siamo, sono, diversamente credenti da talebani e vaticani».
E non le piace il Papa.
«Questo, francamente, no. Nemmeno come teologo. Ripete vecchie parole e strade. Non ha nulla di profetico e - dicono - poco di evangelico».
C´è un prete che ha la sua stima?
«Più d´uno. Farei prima a dire quelli che non hanno la mia stima».
Radicale: che vuol dire oggi?
«Quello che volevamo 54 anni fa quando scegliemmo questo nome. Mezzo secolo di vissuto del popolo italiano lo conosce e lo racconta. Allora nel mondo evocava il termine comunista, oggi perfino i rifondatori comunisti si etichettano come forze radicali ».
Socialista.
«Oggi è sinonimo di liberale, laico, democratico. Non è più né rivoluzionista né meramente riformista, è liberal-socialismo o socialismo liberale».
Però anche liberale. Come si fa a essere socialisti e liberali?
«Chiediamolo alla storia del mondo che, lo ripeto, li rende ormai sinonimi».
Anche Berlusconi afferma d´essere liberale.
«Lo ha creduto lui stesso, dal 1993 al 1995, con ingenuità ed entusiasmo, con straordinaria carica umana allora, con noi e Antonio Martino, era per un grande Partito liberale di massa, per la grande riforma americana, anti partitocratica liberale; ma ben presto è divenuto, oggettivamente, non più autore ma mero prodotto del vuoto antidemocratico che la Prima Repubblica in 30 anni era ormai divenuta. L´Italia oggi non è uno Stato di diritto e nemmeno uno Stato democratico, ma non si può far pagare a Berlusconi mezzo secolo di politica dissennata e liberticida».
Altra definizione: federalista europeo.
«Sì, antinazionalista per gli Stati Uniti d´Europa. Federalismo e pace, secondo due profezie: quelle di Immanuel Kant e di Altiero Spinelli».
Quindi niente Turchia nella UE?
«Temo invece niente UE senza Turchia, senza l´unità federale euro-mediterranea da Istanbul a Rabat, passando per la Giordania e l´unità federale anche degli Stati del Sud mediterraneo, del Nord Africa e del Medio Oriente».
Antiproibizionista.
«Certo, perché il proibizionismo è il riproporsi della inciviltà del forgotten, che non può non divenire violenta sterminatrice e totalitaria quando pretende di vietare a livello di popoli e di grandi masse quel che Dio o la natura hanno conferito come facoltà».
Vietato vietare. Che cosa, la liberalizzazione delle droghe?
«Mai parlato di liberalizzazione ma di legalizzazione, regolamentazione, formazione come, ad esempio, per divorzio, aborto, diritti umani e sociali in genere. Ormai il proibizionismo con i suoi disastri nel mondo ha il tempo, le ore contate».
Nonviolento, giusto?
«Giustissimo. Nonviolenza e diritti umani sono il compimento oggi prevedibile e preparabile di una nuova fase del cammino umano, diciamo da Socrate a Gandhi, a tutti noi».
Non è violenza, secondo lei, un digiuno che sfiora il suicidio?
«Occorre informarsi. Non ripetiamo vecchie sciocchezze: semmai rischiare la vita contro la morte. Gandhi stesso è morto assassinato e non di disidratazione e denutrizione. Una propaganda violenta, quanto ignobile e strumentale, oggi continua a inoculare una falsità, una menzogna: fame e sete come dolore e sofferenza. Invece si rischia di morire ma non di soffrire. La forza negativa della anoressia è proprio spiegabile anche così. Ogni morte dovuta a una lotta nonviolenta è un insuccesso, una sconfitta».
Enfatizzata da un ricatto.
«Ho fatto il mio primo digiuno negli anni ´70 in Francia. Ho perso il conto. Stando a questa logica, sarei un ricattatore seriale. Temo che l´argomento davvero non sia troppo degno di risposta».
Dicono che oscilla come un pendolino fra destra e sinistra.
«Mi sembra sia la definizione (quasi) perpetua del pendolo che segna, misura e concretizza il tempo di tutti. Lusinghiero. Comunque noi abbiamo obiettivi, mete precise che il mondo, non solamente il popolo italiano, dopo mezzo secolo conosce e valuta. Di sicuro, no alla partitocrazia».
Partitocrazia dov´è approdato un ex radicale come Capezzone.
«Libertà è anche questo. Tuttavia devo dire che di Daniele mi colpiva, in un movimento egualitario come il nostro, l´abitudine di rivolgersi a me dicendo: Marco ti sottopongo questo, Marco ti sottopongo quest´altro. E io: ma che cazzo vuol dire ti sottopongo?»
Sta dicendo che aveva sospettato da subito la fuga verso il Pdl?
«Non saprei e non commento. Certo che al Pdl non avrà finalmente problemi a sottoporsi».
Curiosità finale: viviamo nella prima, seconda o terza repubblica?
«Viviamo - per ora e comunque si fa per dire - le conseguenze infami della gloriosa Prima repubblica Partitocratica. La seconda o la terza non ne sono, purtroppo, che la disastrosa conseguenza. Lo ripeto: un sessantennio da superare come il ventennio che l´ha preceduto, con la nonviolenza e non con guerre e massacri. Così salveremo dai piazzali Loreto, dai bunker dove come un verme o un topo morì Adolf Hitler, anche i responsabili di questa metamorfosi del Male totalitario».
da Unione sarda del 2 agosto 2009, pag. 7, di Giorgio Pisano, radicali.it