La battaglia contro la pena di morte si vince “se l’Europa presenterà in autunno la risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni capitali all’ONU”. Inutile richiamare singolarmente questo o quello Stato. Ne è convinto Sergio D’Elia, 55 anni, ex Prima Linea (12 anni scontati in carcere per concorso nell’omicidio dell’agente di polizia Fausto Dionisi nel 1978), oggi deputato della Rosa nel Pugno e dal 1994 alla guida di “Nessuno tocchi Caino”.
“Io spero che l’Unione europea non dia ragione al governatore Perry”.
“Ai richiami devono seguire i fatti, cioé la Ue deve presentare all’ONU la risoluzione per una moratoria internazionale della pena di morte. E’ l’unico modo per fare pressione su Stati come il Texas o Paesi come la Cina”.
“All’interno dell’Ue ci sono molti paesi, come l’Olanda e la Danimarca, che vogliono sia presentata una posizione fondamentalista per l’abolizione della pena di morte. Una richiesta che avrebbe l’unico risultato di far slittare ulteriormente i tempi. Il testo della risoluzione che gira in questi giorni non è buono. A giugno è stato sconfitto il partito del rinvio, ma evidentemente i fautori dell’abolizione tout court sono ancora molto forti”.
“Non ci sono dubbi che sarebbe approvata. La risoluzione avrebbe la maggioranza assoluta dei paesi membri dell’ONU che sono pronti a votarla da tredici anni. L’unico modo di perdere questa battaglia è di non combatterla”.
“La moratoria non è un decreto ma sarebbe un atto d’indirizzo dallo straordinario valore politico. Potrebbe essere una spinta per la Cina che in questi ultimi due anni ha fatto riforme importanti sul sistema della pena di morte e che il prossimo anno ospiterà le Olimpiadi. Quanto all’Iran, ha una visione ottocentesca della sovranità nazionale. E’ bastato un tiepido passo dell’Italia per gridare all’ingerenza. Sui diritti umani non ci sono sfere di inviolabilità. Iran o Pakistan nell’ultimo anno hanno raddoppiato le esecuzioni. Per fermarli sono inutili i richiami, bisogna puntare sulle Nazione Unite”.
notizieradicali, 28-VIII-07.