Marco Pannella, parliamo del fenomeno Grillo. L'ondata grillista travolgerà la politica, come mette in guardia il leader di An Fini? «Travolgerebbe se stesso: Grillo è questa politica. Italianissima, come per molti aspetti è la Lega. Come il regime erede di quello fascista; post-fascista e niente affatto democratico, dove l'unica legge costituzionale effettivamente vigente è quella dell'arbitrio oligarchico, il cui potere si fonda e produce illegalità, violenza. In che cosa Grillo sarebbe peggiore di loro?». Grillo dice che i partiti «li vuole distruggere», li definisce «partiti cancro». Combatte a suo modo la partitocrazia, come fate da anni voi radicali. Oppure è tutta un'altra storia? «E li vuole sostituire con che cosa? Il “farla finita con…”, in genere, viene da esistenze che finiscono; le loro campane suonano anche per loro stessi. Il progetto, la storia di cinquant'anni del Partito Radicale e della sua galassia non ha proprio nulla di sfascista, ancor meno, se possibile, che di fascista. In poche migliaia di organizzati continuiamo a conquistare a questo Paese, pur nell'antidemocrazia e la corruzione nelle quali è immerso, leggi e profonde consapevolezze che ne salvano, sanano i concreti vissuti. Fondamenti di speranze e di religiosità forti, positivi». Con le sue uscite provocatorie, Grillo ha indubbiamente intercettato una sana indignazione che si leva dalla base contro la Casta. Come fare a non buttare il bambino con l'acqua sporca? «Essere e far crescere "il bambino". Questo regime (ne parlo scientificamente, tecnicamente) ha bisogno vitale di acqua sporca, e di eliminare la vita che pur contiene. Noi della galassia della Resistenza radicale e della speranza di Riforma, di Rivoluzione laica e liberale siamo condannati alla clandestinità, che aborriamo. Siamo stremati. Ma anche sorretti e sospinti dalla lenta continuità che ci attraversa, dal Dna laico della Religione della libertà. Grillo? Vedremo… Ma». Il «grillismo» è un fenomeno di sinistra o di destra? Insomma, Grillo pesca più consensi tra gli elettori delusi del centrosinistra o tra quelli del centrodestra desiderosi di rivalsa? «Direi fra tutti i delusi, i nauseati, i rabbiosi, che comprensibilmente vogliono “farla finita con…”, anziché concepire, mettere alla luce, far crescere il nuovo obiettivo che si spera, ama come opportuno, necessario. Mobilitarsi, unirsi così “contro” per distruggere il male, è proprio quello che questo regime, questa politica, questo potere impotente vogliono e producono». Alcune delle proposte di Grillo sono condivise da molti: il limite ai mandati parlamentari, l'ineleggibilità per i condannati in via definitiva, il ritorno al voto di preferenza. Lei, che ne pensa? «Tre poveri, miseri direi, obiettivi: il limite democratico è solo nella non rielezione da parte del popolo sovrano. Ma in democrazia: dove ti affronti e confronti uno contro uno, all'uninominale anglosassone e americano, dal Presidente al consigliere di quartiere, al magistrato inquirente. In partitocrazia, invece, puoi «preferire» solo uno dei candidati che l'oligarchia ti propone. Personalmente preferirei poi riservare la elezione ai soli condannati che hanno espiato piuttosto che ai dilaganti innocenti moralisti che ci opprimono!». Grillo deciderà di fare il grande salto e candidarsi? Fonderà un suo partito? «È irrilevante, sarebbe un Partito di più, né peggiore né migliore di questi altri, tutti». Che sia l'ex pm Di Pietro l'unico leader di spicco a essersi apertamente schierato con Grillo cosa sta a significare? «Semplicemente che, ad oggi, il dipietrismo e il grillismo sono connotati comuni all'uno e all'altro, Tonino e Beppe». Come giudica l'atteggiamento tenuto in questa vicenda dal presidente Bertinotti, sulle prime conciliante con Grillo e poi più intransigente? «Confuso e sterile. Accade a tutti, anche ai migliori; e ai maggiori». Quali analogie ha il fenomeno del Vaffa-day con movimenti del passato anche recente: penso all'ondata "giustizialista" nata con Tangentopoli o ai girotondi... «A Tangentopoli, alle sue bastarde origini e conseguenze. Stavamo, noi radicali, con referendum, lotte parlamentari, nonviolente, compiendo un enorme lavoro di Riforma, morale ma anche legislativa, coinvolgendo il popolo, rendendolo attore. Hanno rovinato tutto. E continuano. I giudici oggi sono poderosa Casta, che toglie libertà e diritto innanzitutto a magistrati capaci, onesti ed effettivamente indipendenti. Assieme a politici imputati e condannati che proprio Tangentopoli con i suoi mezzi e la sua cultura ha di fatto consentito o obbligato a moltiplicarsi». Accetterebbe un dibattito pubblico con Grillo? «In Rete, volentieri. Con regole chiare. Gli ho scritto tre mail. Una me la pubblicò. Le altre due, no. È un suo diritto». Sabato sera Grillo sarà ospite della festa dell'Unità a Milano, a parlare di corda in casa degli impiccati. Come verrà accolto dalla platea diessina dopo le feroci critiche mosse alla dirigenza della Quercia? «Lo hanno invitato. A noi radicali mai, o quasi. È la risposta a questa sua domanda. "Corleonesi e Palermitani", d'altra parte, ammazzano, rubano, sono antropologicamente mafia unita di notte. Di giorno s'affrontano e combattono ferocemente. Per la spartizione del bottino, e per continuare a far scena, fino al tramonto». Di «vaffa» politici e non lei ne ha pronunciati non pochi (mi permetto di annotarlo…, ndr). Quel grido oggi all'indirizzo di chi lo leverebbe? «Infatti io lo uso spesso e non fa scandalo. Perché mi accade quasi come l'intercalare nel calore di discussioni vere nelle quali si è uniti da dissensi che urge affrontare e superare, come: "ah scemo! Etc. etc.". Non come insulto nemico, e così la gente lo vive, lo intuisce. Se poi aggiungi "ti voglio distruggere", "eliminare", diventa anatema, odio. Come chi dà alle democrazie, ai Parlamenti, l'infamia di "sterminatori, genocidi, peggio che i nazisti nella shoa". E lo fa al vertice del potere mondano, terreno. A proposito: caro Beppe, come stai con Vaticani e Talebani? Se ne parla poco, mi pare». |
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NOTE
Da Corriere.it 15 settembre 2007
Di Luca Gelmini |