• da La Repubblica del 25 settembre 2007, pag. 33
Ho scritto una lettera aperta ai 55 premi Nobel che nelle settimane scorse mi avevano rivolto un appello per giungere rapidamente all'approvazione di una moratoria universale sulla pena di morte, in vista della sua completa abolizione. Ho illustrato loro i passi che l'Italia ha compiuto nelle ultime settimane e quelli che intende compiere alle Nazioni Unite nei prossimi giorni. Li ho pregati di continuare a sostenere questa battaglia di civiltà. Li ho invitati a New York il 28 settembre prossimo per testimoniare il loro impegno insieme a noi, all'interno del Palazzo di Vetro. All'inizio della 62ma sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si apre in questi giorni, l'Unione europea e vari paesi in rappresentanza di ogni regione del mondo presenteranno insieme una Risoluzione per la moratoria universale. L'obiettivo è giungere al più presto alla sua approvazione. L'Italia è da sempre impegnata in questa battaglia e ha svolto anche in questi mesi un ruolo decisivo perché si formasse il più ampio consenso possibile, in Europa e nel mondo. La giustizia oggi, come tutto il resto, è questione planetaria. Durante il primo anno e mezzo di governo ho affrontato questo tema con leader internazionali, alle Nazioni Unite e all'Unione Africana, facendomi portavoce dello sconcerto e della speranza di chi auspica un riscatto. Perché quella contro la pena di morte è una battaglia sentita da tutti nel nostro Paese: dall'opinione pubblica, dal Parlamento, dai Governi che si sono succeduti in questi anni a prescindere dalla loro natura politica. Negli ultimi mesi la politica e la diplomazia italiana hanno intensificato gli sforzi. Avvalendosi del sostegno delle Associazioni, a cominciare da Nessuno tocchi Caino, che da anni combattono questa battaglia. Dopo aver convinto nel giugno scorso l'Unione europea a procedere compatta - bisogna ringraziare per questo Massimo D'Alema – si è messo a punto in questi giorni un testo di Risoluzione che ci apprestiamo a depositare e far votare alle Nazioni Unite. Insieme al Portogallo, che detiene la presidenza di turno dell'Unione europea, abbiamo organizzato una riunione al Palazzo di Vetro dei Ministri degli Esteri, il prossimo 28 settembre, proprio per ampliare su di essa il consenso. Ho voluto invitare 55 Premi Nobel a questa riunione di New York perché il loro impegno anche durante queste giornate decisive sarà una testimonianza straordinaria di uno sforzo comune in favore della sempre più piena realizzazione dei diritti umani universali. Sappiamo che non possiamo farci illusioni. Quella contro la pena capitale è una battaglia difficile perché molti paesi ancora la praticano. Ma siamo pronti ad assumerci i nostri rischi per tentare di vincerla. Le condizioni ci sono, abbiamo ragioni per sperare: a cominciare dal sostegno dei principali organismi internazionali, dell'Unione europea, dell'opinione pubblica mondiale e di un numero sempre crescente di paesi che ripudia l'uso di questa pratica crudele e inumana. Dai continenti più martoriati, penso all'Asia e all'Africa, continuano a giungere, anche in questi giorni, segnali incoraggianti. La stessa Cina sta avviando una riflessione di lungo periodo sull'uso della pena di morte che mi sembra andare al di là delle preoccupazioni contingenti legate al fatto di ospitare le Olimpiadi a Pechino l'anno prossimo. La pena di morte è un atto estremo, contrario ai più elementari principi di convivenza civile, che si è alimentato nei secoli grazie alla logica della violenza che chiama violenza in una catena senza fine. Oggi abbiamo un'occasione unica per affrancarci, per provare a spezzare questa catena. Sul significato della pena capitale è stato scritto tutto. E proprio la tradizione italiana, a partire dall'Illuminismo di Cesare Beccaria, è stata protagonista del dibattito etico e filosofico attorno a questo tema. Mi limito perciò a ricordare che approvando una Risoluzione all'Onu potremmo rendere evidente un principio importantissimo: quello cioè che l'essere umano non è solo capace di compiere progressi nella scienza, il che è sotto i nostri occhi, ma anche in campo etico - circostanza questa su cui guardando quello che succede in giro per il mondo si può legittimamente nutrire qualche dubbio.
Una Risoluzione delle Nazioni Unite contro la pena di morte potrebbe insomma dimostrare che l'uomo di oggi è migliore di quello di ieri anche sotto il profilo etico e morale. Sarebbe un risultato enorme, destinato a incidere sulla nozione stessa di progresso. Un risultato che aprirebbe le porte a un futuro più giusto, in una società che finalmente si emancipa dalla spirale della vendetta fratricida di Caino e Abele. Una società che dimostrerebbe di aver compreso l'ammonimento che ci viene dalla saggezza antica ricordato recentemente da Zygmunt Bauman: «se vuoi la pace, cura la giustizia».
notizieradicali, 25-IX-07.
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