I rappresentati del Movimento Lao per i diritti umani sono stati auditi questa mattina dal Comitato permanente per i diritti umani della Commissione Esteri della Camera. Al termine hanno incontrato i giornalisti insieme ad esponenti del Partito radicale nonviolento transnazionale.
Vanida Thephsouvanh, presidente del Movimento Lao per i diritti umani, ha denunciato che «da 32 anni la Repubblica Democratica Popolare Lao infrange tutte le regole internazionali dei diritti dell'uomo ed è uno degli Stati più repressivi dell'Asia, come sottolinenano i recenti rapporti di Amnesty International, di Reporters sans Frontieres e del Dipartimento di Stato americano. Retto da un regime dittatoriale, è uno Stato a Partito unico: il Partito Popolare Rivoluzionario Lao. Qualsiasi altro partito è vietato e questo principio è scritto chiaramente nella Costituzione. La stampa, la radio, la televisione Internet e l'insieme dei media appartengono al Partito-Stato e sono sotto il suo stretto controllo. La libertà di espressione e di manifestazione è inesistente. Il Pil raggiunge appena 400 dollari al giorno pro capite all'anno (oltre il 75% degli abitanti vive sotto la soglia della povertà di 2 dollari al giorno) e la speranza di vita non supera i 55 anni. Stando alle ultime statistiche della Banca Mondiale, quattro laotiani su dieci non sanno né leggere né scrivere. In mezzo a un'Asia in piena crescita economica, il Laos occupa il 135mo posto nella classifica di "sviluppo umano"». Sergio Stanzani, presidente del Partito radicale nonviolento transnazionale, ha condannato gli aiuti economici che la comunità internazionale continua a erogare al Laos, foraggiando di fatto un regime clepto-comunista: «Non si possono blandire feroci dittature - ha detto - attraverso denari che dovrebbero assicurare la conquista della libertà e che invece si trasformano in conquista di buoni affari». Stanzani ha poi ricordato che domani ricorre dell'anniversario dell'arresto di 5 leader studenteschi che il 26 ottobre 1999 organizzarono una manifestazione nonviolenta nella capitale Ventiane e dei quali da allora non si hanno più notizie. Il 26 ottobre 2001 cinque militanti del Partito radicale transnazionale manifestarono pacificamente in loro difesa, sempre a Ventiane. Immediatamente arrestati e condotti nelle famigerate prigioni laotiane, vennero condannati ed espulsi dal Paese. Tra loro vi era anche il deputato della Rosa nel Pugno Bruno Mellano. Quest'ultimo, dopo aver osservato che «raramente ho visto deputati così commossi come nell'ascoltare questa mattina i racconti di Vanida Thephsouvanh» ha anche ricordato come in Laos sia da tempo in atto la repressione delle minoranze religiose. «In particolare i cristiani subiscono molestie, pressioni morali, minacce, violenze, confisca delle terre, esclusione dai villaggi e spesso devono rinunciare per iscritto alla loro fede per accedere alla funzione pubblica, per entrare in polizia, nell'esercito popolare o nella gerarchia del Partito. Inoltre, con l'intento di controllarli, decine di migliaia di laotiani, in maggioranza appartenenti alle minoranze etniche, sono stati negli ultimi vent'anni forzatamente trasferiti da un posto a un altro del Paese». Mellano ha ricordato infine il dramma della popolazione del Lao-Hmong: circa 20mila persone costrette a vivere nascoste nella giungla di Saysomboune perché fatte oggetto di una vera e propria caccia all'uomo da parte delle forze armate del governo comunista Lao.
notizieradicali, 26-X-07.