¿Derechos animales o deberes humanos? Una precisación

Diritti animali o doveri umani? Una precisazione 

di Alessandro Rosasco, Francesco Pullia, Jolanda Casigliani

Poiché la questione “diritti animali” è più che mai aperta, anche a seguito dell’intervento in Comitato di Marco Pannella, è opportuno proporre una riflessione al fine di verificare se sia effettivamente possibile parlare di diritti animali o se, al contrario, essendo, ancora oggi, gli esseri animali destinatari, di politiche ed interventi protezionistici, non sia concepibile affermare l’esistenza  di veri e propri diritti animali, ma tutt’al più di doveri umani verso l’ambiente, la fauna e la flora, doveri che in realtà più che proteggere l’ecosistema e gli animali sono indirizzati alla tutela del genere umano e soprattutto delle generazioni future. L’evoluzione compiuta dai diritti umani grazie all’applicazione del principio di uguaglianza ha comportato l’ingresso di nuovi diritti e di nuovi soggetti del diritto nell’ambito degli ordinamenti giuridici. I nuovi diritti che si sono progressivamente affermati non sono solo diritti morali (come tali universali, eguali ed indipendenti dalla volontà dell’individuo di disciplinarli, che spettano a chiunque sia dotato di valore intrinseco e sia capace di provare piacere e dolore); ma anche diritti giuridici, il cui riconoscimento si traduce in vere e proprie pretese giuridiche a che gli altri tengano determinati comportamenti, essendo, in caso contrario, soggetti ad apposite sanzioni legali. Gli esseri umani sono dunque contraddistinti da un ampio insieme di diritti morali e di diritti legali, e ci si domanda se questo patrimonio spetti esclusivamente alla specie umana o possa essere condiviso con altre specie. Rispetto ai diritti morali, la possibilità di estenderne il godimento anche agli esseri animali non crea particolari difficoltà, in quanto è ormai provato che anche gli animali sono dotati di valore intrinseco e sono in grado di provare piacere e sofferenza, e questi sono gli unici requisiti necessari per godere di tali situazioni etiche. Tuttavia, come già sottolineato, i diritti morali non sono in grado di attivare una reale protezione giuridica se non vengono tradotti in diritti legali; l’osservanza del diritto morale è dunque rimessa alla discrezionalità e alla sensibilità dei soggetti, ma non riposa su precise sanzioni; ecco perché si avverte la necessità, come è stato per gli esseri umani, di garantire anche gli animali con appositi diritti legali, sempre che ciò non sia impedito da peculiari caratteristiche degli animali. Gli esseri umani sono considerati soggetti di diritti legali non in virtù delle loro abilità dialettiche o capacità intellettive, ma in quanto portatori di interessi che costituiscono le radici della capacità giuridica portatrice di diritti e doveri. La capacità giuridica caratterizza indistintamente tutti gli esseri umani e li unisce nella protezione offerta dai diritti legali; se così non fosse, alcune tipologie di umani che presentano deficit fisici o mentali temporanei o perpetui sarebbero collocati fuori dalla protezione del diritto, in una sorta di “limbo giuridico” senza diritti e doveri. Invece, tutti gli esseri umani, anche i c.d. “umani marginali” che non sono in grado di fare valere i propri diritti o di osservare i doveri, sono comunque considerati soggetti del diritto e la loro eventuale incapacità comporta solamente l’ausilio di particolari figure quali curatori o rappresentanti nell’esercizio dei diritti e dei doveri. Sono dunque gli interessi a creare la base per il riconoscimento della capacità giuridica e del relativo status giuridico agli umani. Gli interessi sono la caratteristica determinante, chi ha interessi è soggetto del diritto e gli umani sono certamente portatori di interessi; resta da verificare se questa situazione ricorra anche per gli animali. I progressi raggiunti dalla scienza e dall’etologia hanno ormai dimostrato chiaramente che anche gli animali sono portatori di interessi, bisogni, desideri, istinti, pulsioni, direzioni evolutive e per questo non possono più essere equiparati alle cose. Gli animali hanno interessi dai quali discende il necessario riconoscimento di una particolare capacità giuridica da cui deriveranno una serie di diritti, la cui concreta realizzazione necessiterà – come nel caso degli umani “marginali” – dell’intervento degli esseri umani. 

La riflessione è dunque lineare, l’ampliamento dei soggetti del diritto nel contesto umano ha portato all’affermazione della detenzione di interessi quale unico criterio ragionevole per attribuire capacità giuridica e diritti, il possesso di interessi anche da parte degli esseri animali induce a riconoscere loro capacità e diritti seppur controbilanciandoli con quelli umani perché il sistema in cui ci si muove è comunque un sistema umano fortemente autoreferenziale. L’autoreferenzialità però non può tradursi in specismo, ma è necessario riconoscere che gli animali non possono più essere considerati quali “cose mobili” a disposizione degli esseri umani, bensì quali “soggetti del diritto” , titolari di specifiche posizioni giuridiche che pur non potendo qualificarsi quali diritti assoluti, modificano sostanzialmente l’atteggiamento degli ordinamenti giuridici che dovranno preoccuparsi di bilanciare gli interessi animali con quelli umani eventualmente configgenti, senza per forza presumere sempre il prevalere della posizione umana.

14-I-08, notizieradicali