di Matteo Mecacci
Nella giornata di ieri l’organizzazione non governativa Americana Freedom House ha reso pubblico il suo rapporto annuale sulla liberta’ nel mondo, Freedom in the World, che da oltre 30 anni misura l’avanzamento o l’arretramento della liberta’ e della democrazia in tutti gli Stati nazionali.
Un rapporto, quello di quest’anno che oltre a fotografare lo stato della democrazia, puo’ dare l’opportunita’ di aprire un dibattito su quali siano le politiche che favoriscono o che invece mettono a repentaglio, la promozione delle liberta’ politiche e civili, e cioe’ delle condizioni essenziali affinche’ possa esistere una societa’ libera.
Un dibattito che sarebbe importante iniziare ad impostare non sulla base affermazioni ideologiche e preconcette, come purtroppo si legge ogni giorno sui giornali italiani di centrodestra o di centrosinistra, ad esempio sulla politica estera Americana, ma a partire da alcuni dati di fatto che sono il frutto di un serio lavoro di ricerca come e’ appunto quello svolto da Freedom House.
E cosa ci dicono questi dati:innanzitutto che per la prima volta dopo molti anni si registra un notevole deterioramento delle liberta’ politiche e civili in ben 38 Stati, e cioe’ un quinto del totale, mentre si registrano miglioramenti solo in 10 paesi.
In secondo luogo, le regioni dove le istituzioni democratiche nazionali sono entrate piu’ in crisi sono, innanzitutto il Medio Oriente, dove alcuni miglioramenti avvenuti dopo l’11 settembre sono gia’ evaporati – nonostante, va detto, quanto va affermando il Presidente Bush anche in questi giorni - a partire dalla situazione in Egitto, in Libano, in Siria e nell’Autorita’ Palestinese; poi il continente asiatico dove I trend negativi sono stati registrati in Pakistan, in Bangladesh, in Sri Lanka, nelle Filippine, in Birmania, in Afghanistan e in Malesia; in Asia centrale dove due paesi che avevano fatto progressi importanti negli ultimi anni come la Georgia e il Kirgyzistan, si sono affiancati ad altri notevoli passi indietro che sono avvenuti in Russia, in Kazakistan e in Azerbaijan; e nell’Africa subsahariana dove ben 15 paesi hanno registrato un indebolimento delle loro istituzioni democratiche e, tra questi, vi sono paesi importanti e popolati come il Kenya, la Nigeria, la Repubblica Democratica del Congo.
In terzo luogo, il rapporto sottolinea come la regressione democratica avvenuta nel 2007 sia stata tale da far temere l’emergere, dopo 15 in cui vi erano stati costanti miglioramenti, di una tendenza negativa mondiale nella diffusione della liberta’ e della democrazia, e questo a causa dell’emergere di regimi autoritari che, o si sono rafforzati entrando nel sistema capitalistico mondiale o che sono ricchi di risorse energetiche,. Paesi che non esitano a usare questa potenza economica per sostenere e incoraggiare altri Governi autoritari. Si della Cina, della Russia, dell’Iran, del Venezuela, paesi nei confronti dei quali le strategie di contenimento e di integrazione economica, in assenza di una strategia politica globale, stanno evidentemente fallendo. E se anche da Washington si inizia a suonare il campanello d’allarme forse significa che i tempi sono maturi per mettere da parte l’ideologia, pro o antiamericana, e provare a fornire risposte politiche adeguate alle sfide di oggi, come la proposta di un’organizzazione mondiale della e delle democrazie.17-I-08, notizieradicali