India: crónica de la Marcha Free Tibet

Cari lettori del Riformista, sono felicissimo di essere a Dharamsala. Respiro un'aria pulita, non solo perché siamo a 2000 metri d'altezza, ma perché diversa da quella che si respira nel nostro paese. È una giornata bellissima, la luce tersa illumina una fiumana di giovani e risplendono i colori del Tibet, il rosso amaranto, il giallo, in questo 10 marzo, anniversario della rivolta del popolo tibetano nel '59 contro l'occupazione cinese. Avvolto nella bandiera del Partito Radicale Nonviolento con in mano quella del Tibet grido «La marcia ha inizio!» e apro la manifestazione. Siamo l'unica delegazione internazionale presente alla marcia che durerà sei mesi per giungere al confine con la Cina in estate, per ottenere dalle autorità cinesi, nell'anno delle Olimpiadi, la riapertura del confine e il riconoscimento della libertà di movimento. Qui vive oggi il Grande Satyagraha mondiale per la pace, la libertà, la democrazia ed anche il Satyagraha di Marco Pannella in Italia. Sono qui con Matteo Mecacci e Marco Perduca, vice presidenti del Pr per confermare il sostegno alla lotta dei tibetani per la democrazia, in Cina innanzitutto, perché il rispetto dei diritti umani in Tibet passa dal rispetto dei diritti umani dei cittadini cinesi.

Abbiamo partecipato alla manifestazione ufficiale del governo tibetano in esilio dove è intervenuto il Dalai Lama oltre al presidente del Consiglio e al presidente del Parlamento e alla cerimonia delle organizzazioni non governative, nel corso della quale Matteo Mecacci annuncia l'avvio da Dharamsala da parte del Partito Radicale Nonviolento del primo Grande Satyagraha mondiale per la Pace.

Di solito il Dalai Lama nelle celebrazioni di questo anniversario interviene alla fine ma oggi ha preso la parola per primo. Mi è apparso un uomo molto provato, stanco. Lascia la cerimonia subito dopo l'intervento con cui ribadisce la linea del dialogo nonviolento con le autorità cinesi, nonostante la repressione continui, per giungere al riconoscimento dello status di autonomia del Tibet. Negli ultimi tempi sta riducendo l'impegno "temporale" diretto nella politica per dedicare maggiore cura a quello spirituale. La linea del Dalai Lama è condivisa dal governo e maggioritaria nel Parlamento mentre tra gli oltre diecimila giovani manifestanti si respira una tensione per l'indipendenza. Ma tra loro non sono pochi i monaci tibetani che, oltre alla foto del Dalia Lama, issano quella del Mahatma Gandhi segno di un'anima nonviolenta anche nel movimento prò indipendenza.

Una signora ci viene incontro pronunciando il nome di Marco Pannella: tra questa gente Marco è quasi più riconosciuto e compreso come leader nonviolento che in Italia. In serata, il capo della polizia di Kangra notifica ai marciatori un ordine che vieta loro di uscire dal distretto, per cui la marcia potrebbe essere interrotta fra tre giorni, sempre che domani la polizia non impedisca nello stesso distretto la prosecuzione dell'iniziativa nonviolenta. Il nostro Satyagraha assume quindi ancora maggior valore politico e la nostra permanenza qui potrebbe protrarsi oltre il previsto.

di Sergio D'Elia, 11-III-08, Il Riformista/11-III-08, notizieradicali