Il Ddl sul reato di clandestinità inserito nel pacchetto sicurezza non può certo considerarsi un segnale confortante. Se approvato, infatti, un provvedimento di questo tipo vorrebbe in galera anche i tanti stranieri che, pur non regolari, si trovano in Italia per lavorare e non per delinquere; tra questi anche migliaia di rom, la cui regolarizzazione è resa ancor più difficile dal fatto che in molti – soprattutto quelli emigrati in seguito al conflitto nella ex-Jugoslavia - non hanno neanche i documenti del loro paese d’origine.
Come ho già dichiarato, provvedimenti fondamentali per favorire l’occupazione, la scolarizzazione, l’integrazione e dunque la regolarizzazione dei rom, oltre alla loro tutela, sono un censimento e il riconoscimento dello status di minoranza etnico-linguistica, come già previsto per altre minoranze presenti in Italia dalla legge n.482 del 1999.
Non è questo l’unico fronte su cui desta preoccupazione la linea punitiva del governo in materia di ordine pubblico, condivido pienamente l’allarme lanciato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per l’abolizione, contenuta nel pacchetto presentato ieri dal Consiglio dei Ministri, dell’effetto sospensivo del ricorso avanzato dal richiedente asilo che abbia visto respinta in prima istanza la propria domanda. Tale provvedimento ha ben poco a vedere con la ‘sicurezza’, considerando che lo status di richiedente asilo è disciplinato diversamente da quello di immigrato, sia a livello nazionale che internazionale - e viene meno al diritto di ogni persona ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, previsto dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Non è calpestando i diritti umani, le direttive e le convenzioni internazionali che si può rispondere alla domanda, legittima seppur subdolamente gonfiata, di sicurezza; non è con la strage di diritto e legalità che si tutelano i cittadini, ma seguendo la strada della democrazia, una strada che il nostro paese stenta ad imboccare. L’Italia, come ha affermato ancora una volta Marco Pannella al Parlamento Europeo, non è una democrazia e non è uno stato di diritto: è da qui che bisogna partire”.
23-V-08, notizieradicali