Alessandro Litta Modignani
Dicono le statistiche che gli italiani si sposano sempre più di rado. Fra coloro che si sposano, sono particolarmente in calo quelli che decidono di farlo davanti a un altare. Altre statistiche invece segnalano il forte calo delle nascite – questo lo sanno tutti – ed evidenziano che, fra i pochi nati, sono significativamente in diminuzione coloro che ricevono il sacramento del battesimo. Se ci spostiamo in ambito scolastico, ulteriori statistiche ci informano che cresce di anno in anno, in misura importante, il numero di quanti chiedono l’esonero dall’insegnamento della religione. E così via.
Questo elenco potrebbe continuare a lungo, perché che si parli di convivenza, matrimonio, divorzio, aborto, contraccezione, sessualità, omosessualità eccetera, la stragrande maggioranza degli italiani – che si professino cattolici o no, poco importa – si comporta in maniera difforme, spesso opposta, rispetto ai dettami della Chiesa cattolica. E’ un fatto, non un’opinione.
Tuttavia, di recente, è apparso un dato in contro-tendenza, che sarà risultato di grande conforto per le gerarchie vaticane. Solo negli ultimi quattro anni, ginecologi e ostetriche obiettori di coscienza, ai sensi della legge 194 sull’aborto, sono passati dal 58 al 70 per cento del totale. Un vero e proprio boom, un’impennata verticale verso una maggioranza schiacciante. Ciò significa dunque che chi opera per fare nascere gli esseri umani matura una speciale religiosità ? O forse che negli ultimi quattro anni è emersa una nuova sensibilità, più rispettosa della vita umana e del suo supremo valore? Chi sostiene queste tesi, mostra semplicemente di non conoscere la vergogna e mente sapendo di mentire.
Tutti conoscono fin troppo bene la realtà degli ospedali italiani e dei loro assetti di potere interno. I medici che praticano l’interruzione di gravidanza (pubblicamente bollati, anche in tv, con l’epiteto ingiurioso di “abortisti”) sono penalizzati in tutti i modi: nei turni, nella carriera, nelle relazioni con i colleghi, soprattutto ad opera dei primari, che spesso hanno potuto raggiungere questa posizione grazie alle potenti raccomandazioni di vescovi e alti prelati. Questa è la verità nota a tutti. Si tratta di pura e semplice convenienza professionale, che con la coscienza non c’entra nulla.
E’ illuminante, in questo senso, la presa di posizione della Chiesa contro la contraccezione d’emergenza (la cosiddetta “pillola del giorno dopo”). Il quotidiano dei vescovi Avvenire ha dedicato di recente un’intera pagina ad attaccare i Radicali, che si battono per l’abolizione della ricetta. Questo farmaco, giova ripeterlo, non è affatto abortivo, perché se l’ovulo è già fecondato, esso risulta del tutto inefficace. La pillola impedisce la fecondazione, ma non può interromperla. Eppure, anche in questo caso, le gerarchie vaticane invocano una presunta “obiezione di coscienza” da parte dei medici che devono prescrivere la ricetta, o addirittura dei farmacisti. Ottenendo così, peraltro, proprio il risultato che si voleva scongiurare. La donna che, in caso di rottura del preservativo, vorrebbe evitare la gravidanza, sarà costretta prima a rischiarla, poi – se del caso – a interromperla.
In un dibattito televisivo ai tempi del referendum sulla fecondazione assistita, per sfottere Marco Pannella, Giuliano Ferrara disse che quella era la prima battaglia dei Radicali contro i diritti dell’uomo (in embrione). Rovesciando il ragionamento, oggi si può dire che l’opposizione alla contraccezione d’emergenza è la prima battaglia della Chiesa cattolica finalizzata a incrementare gli aborti. Bell’affare.
7-VII-08, l'Opinione, notizieradicale