"La fantasia como necesidad", Marco Pannella

 

 

 

 

 

 

 

 

“Non sono qui come radicale. Non sono qui come socialista. Sono qui come marxista che vota per il Pci”. Con queste parole si sarebbe presentato Pier Paolo Pasolini al 15º Congresso del Partito Radicale, se pochi giorni prima non fosse stato ammazzato brutalmente. Pasolini teneva molto alle sue convinzioni di comunista eretico, ma proprio questa sua eresia aveva acceso in lui nei primi anni Settanta l’interesse per le idee liberali e libertarie dei radicali e per le lotte politiche che quelle idee avevano alimentato. Ne derivò un atteggiamento forse anche di ammirazione e di condivisione ma certamente di attenzione, di vicinanza e di dialogo come dimostra il testo del discorso che avrebbe dovuto personalmente pronunciare al congresso e che invece fu letto da altri il 2 novembre del 1975. Quel dialogo rivolto ai radicali non fu solo il suo ultimo scritto, fu anche in un certo senso il suo testamento politico: parlava ai radicali ma, insieme ad essi e attraverso il loro congresso, parlava ai comunisti, all’intera sinistra e ai giovani estremisti dei gruppi extraparlamentari.

Quel discorso era l’atto conclusivo di un rapporto che durava da tempo (nel 1963 una sua dichiarazione di voto a favore del PCI compariva nella pubblicazione “Il Voto Radicale”, accanto a quelle di altri intellettuali, fra i quali Elio Vittorini e Leonardo Sciascia), ma si era intensificato negli anni delle lotte radicali dei diritti civili, dell’obiezione di coscienza e del divorzio, gli stessi anni nei quali – in singolare e forte convergenza con i radicali – ebbe l’opportunità di intentare dalle colonne del “Corriere della Sera” quel “Processo al Palazzo” che caratterizza tante pagine dei suoi “Scritti corsari”. Il momento più significativo di questa attenzione e di questo interesse fu però la scoperta e la riflessione sulla scelta teorica e pratica della nonviolenza, quando lesse la bella prefazione di Marco Pannella al libro di Andrea Valcarenghi “Underground a pugno Chiuso”. Valcarenghi era un giovane radicale che era stato attratto dal rivoluzionarismo dei gruppi extraparlamentari figli di quel sessantotto che Pasolini aveva tante volte criticato. Nella prefazione di Marco Pannella la nonviolenza gli appare non solo come una netta demarcazione ideale e pratica ma soprattutto come un elemento di reale alterità rispetto alla violenza del potere (e dello Stato) e alla violenza rivoluzionaria teorizzata e praticata dagli estremisti, necessariamente omogenea alla prima. “La prefazione di Pannella – si spinge a dire – è finalmente il testo di un manifesto politico del radicalismo: Un avvenimento della cultura politica italiana”.

Lo scrittore, che affidava alla sua utopia comunista l’ambizione di assicurare non solo una alternativa, ma di preservare nell’alternativa l’“alterità” delle classi dominate rispetto alla cultura e al sistema di potere delle classi dominanti, scoprì forse allora che un’altra alterità era possibile, quella liberale, libertaria, nonviolenta dei radicali, per i quali, a differenza che per i giovani estremisti e gli intellettuali di sinistra, l’affermazione e la conquista dei diritti è sempre affermazione e conquista non per sé, non per la propria parte o la propria classe ma per gli altri, i diversi, anche gli avversari: e ne riconosceva la non integrabilità, la irriducibilità (“Vi siete compromessi fino in fondo per ogni alterità possibile”. “…siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto. Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed è tutto dire - di fascisti”.

Pasolini era politicamente comunista ma culturalmente, antropologicamente era radicale. Le sue riflessioni su ”l’adozione marxistizzata dei diritti civili”, fatta propria dal PCI per ragioni di opportunismo elettorale dopo la vittoria del referendum sul divorzio, fotografa e anticipa quanto poi sarebbe successo nei drammatici anni successivi. Quelle sui diritti delle maggioranze (e sui pericoli di omologazione che anche i radicali avrebbero corso nel perseguirli) sono oggi più che mai di straordinaria attualità. Per questo va riscoperto, riconosciuto, apprezzato, amato. Era radicale quando invitava i congressisti a “dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare”. Perchè come direbbe anche oggi, “chi si scandalizza è sempre banale: ma è anche sempre male informato”.

http://notizie.radicali.it/articolo/2010-11-18/editoriale/riscoprire-il-radicale-pasolini