Emma Bonino: "la libertà religiosa, da laici quali noi Radicali siamo, ci sta molto a cuore", 8-I-11

L´Unità - 8 gennaio 2011

Per la dirigente Radicale la bomba contro la chiesa coopta in Egitto così come gli attentati in Iraq rientrano in un disegno eversivo che va oltre lo scontro fra religioni. I jihadisti cercano l´egemonia nel mondo musulmano

di Umberto De Giovannangeli

Se guardo alla strage di Alessandria e penso alla situazione egiziana, la mia impressione è che l´obiettivo strategico degli islamisti militanti non siano i copti, i cristiani, ma la classe dirigente araba, a cominciare da Mubarak che viene considerato "un fantoccio nelle mani dell´Occidente", un "amico d`Israele e traditore della causa palestinese». A sostenerlo è Emma Bonino, vice presidente del Senato, profonda conoscitrice dell´Egitto. «Quello in corso - sottolinea la leader Radicale - non è uno scontro di civiltà né un conflitto di religione, ma l´ennesimo scontro tra l´Islam militante, jihadista e l´Islam più aperto, ragionevole..». E al ministro Frattini che si fa paladino del principio «accordi in cambio di diritti» dei cristiani nel mondo arabo e musulmano, la vice presidente del Senato ribatte: «La sua mi pare una visione limitata e limitante». E in questa intervista a l´Unità ne spiega il perché.

Quale idea si è fatta dei drammatici avvenimenti che hanno scosso un Paese che Lei conosce e ama: l´Egitto…

«Quello che penso è che il terrorismo internazionale di matrice fondamentalista sia un problema che se anche nasce all´interno dell´Islam, non ha alcuna attinenza, se non strumentale, al dato religioso. L´obiettivo strategico dei terroristi è quello di liberare l´Islam dalle classi dirigenti "empie", e "asservite all´Occidente". Prendiamo, ad esempio, la strage di Alessandria...».

Qual è la lettura politica a suo avviso più appropriata?

«La mia impressione è che l´obiettivo vero, strategico, dei terroristi e dei loro mandanti non siano i copti, i cristiani, ma la classe dirigente araba, a cominciare da Hosni Mubarak considerato un "fantoccio nelle mani dell´Occidente". Insomma, non è in corso uno scontro di civiltà tra Occidente e Oriente, ma una duplice resa dei conti all´interno delle varie "anime" politiche e identitarie dell´Islam…»

Quali?

«Restiamo all´Egitto. La prima sfida è quella tra gli islamisti militanti, ijihadisti, e la leadership araba di Mubarak, più "secolarizzata" e dialogante con l´Occidente. Ma poi c´è un´altra sfida, non meno significativa: essa riguarda l´egemonia sul variegato arcipelago fondamentalista. L´ala militare islamista ha sempre osteggiato il percorso "entrista", istituzionalizzato, politico dei Fratelli Musulmani, ritenendo essere questa una strategia fallimentare, facendo peraltro leva anche sull´insuccesso dei Fratelli musulmani nelle recenti elezioni legislative. Con gli attentati e sviluppando una azione destabilizzante, l´ala militare islamista vuol dimostrare di essere la vera alternativa al "regime fantoccio" di Mubarak».

Uno scontro tra l´Islam combattente e quello più «ragionevole», e non uno scontro di civiltà o una guerra di religione... Ma c´è chi non è d`accordo con questa sua lettura. L´ultimo in ordine di tempo è il presidente francese Nicolas Sarkozy. Cito testualmente: «Nei Paesi arabi è in atto un piano di epurazione per i cristiani d´Oriente…».

«Sono molto scettica rispetto a questa lettura. Il tema è estremamente delicato, per le sue premesse e soprattutto per le sue conseguenze, e dunque merita di essere trattato con grande rigore e chiarezza. Che una delle conseguenze di questo scontro in atto all´interno dell´Islam, sia una situazione di grande instabilità, di paura, che può produrre anche degli esodi di quanti se sentano minacciati, questo è un fatto grave e incontestabile. Ma non è la ragione, la motivazione di questi attacchi. Il discorso vale per l´Egitto, ma a ben vedere, anche per l´Iraq. Gli islamisti combattenti fanno anche calcoli politici. Il loro non è il terrore per il terrore. Costoro colpiscono nelle zone "fragili" - è il caso dell´Iraq - o in zone consolidate che stanno però attraversando una fase di transizione complessa, e questo è il caso dell´Egitto. E in Egitto cercano di provocare la reazione delle componenti socialmente più deboli, e in queste c´è anche la minoranza copta. I jihadisti cercano di cavalcare il malessere sociale - e ciò vale non solo in Egitto, ma anche in Iraq o nel Maghreb - per imporsi come unica alternativa all´esistente».

Nei giorni scorsi, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sull´onda della strage di Alessandria si è fatto sostenitore del principio «accordi in cambio di diritti» riferendosi ai diritti delle minoranze cristiane sotto attacco nel mondo arabo e musulmano. Come valuta questo approccio?

«Mi sembra una visione limitata e limitante. Sia chiaro: la libertà religiosa, da laici quali noi Radicali siamo, ci sta molto a cuore. E sia altrettanto chiaro: non intendo dire che in nessuna parte del mondo c´è una persecuzione dei cristiani in quanto tali. Dico però che, guardando ad esempio all´Egitto o all´Iraq, per non parlare dei Talebani in Afghanistan, l´obiettivo che l´Islam combattente intende perseguire con l´arma del terrore è un altro: liquidare l´Islam dialogante, più ragionevole. Mi augurerei che si riflettesse su questa lettura che non è solo mia ma di molti intellettuali arabi, oltre che di donne e uomini impegnati in associazioni e movimenti della società civile, e di chi, in Europa, conosce davvero quel mondo».