Emma Bonino: "L’aborto non è un diritto, ma un dolore", III-08

Emma Bonino (ministro per il Commercio estero) entra in redazione, si ferma e dice: “Mamma mia, quante siete”. E’ qui, ospite di “Grazia”, per il nostro forum: un’intervista collettiva a cui abbiamo già sottoposto il ministro (uscente) della Salute Livia Turco, e Daniela Santanchè, candidata premier per La Destra. L’idea è quella di incontrare alcune autorevoli candidate dei vari schieramenti, per conoscerne programmi, intenzioni, preoccupazioni, cose già fatte e da fare (per le donne, soprattutto). Una serie di orgogliose, e serrate, interviste al femminile, insomma. Con una prima domanda senza giri di oparole.

Onorevole, quale ministero vorrebbe nel prossimo Governo?
“Penso che potei avere il ministero della Difesa, data l’esperienza maturata all’estero. L’avevo già chiesto in questo Governo, sapete cosa mi ha sibilato un collega in Transatlantico? Mi ha detto: “Emma, vuoi la Difesa, ma se non hai nemmeno il fisico…” (risata generale)

Pensavamo puntasse al ministero degli Esteri.
“E’ quello che preferirei e che probabilmente meglio saprei gestire data la mia esperienza. Ma per ottenere gli Esteri bisogna mettere sul tavolo un pacchetto di voti, un peso politico che io non ho”.

Molto pragmatica. Ci ha colpito il modo diretto con cui ha trattato le condizioni per la sua partecipazione al Partito democratico, senza molti giri di parole, ci è parso…
“Infatti. Ho chiesto posti, soldi e spazi televisivi per la campagna elettorale. Un passaggio in prima serata vuol dire parlare a milioni di persone e vale milioni di euro. E io lo chiedo, tutto apertamente. Appartengo a un partito che ha fatto della trasparenza economica la sua bandiera”.

Ha calcolato anche se e quanto le costerà, politicamente, l’accordo con il Partito democratico?
“Credo che costerà molto più a Veltroni, che a me. Io sono, e resto, radicale”.

Lo è stata fino in fondo anche nel Governo uscente? Sui temi cari ai Radicali (come i Dico) non è stato fatto quasi niente.
“Sui Dico eravamo arrivati a un’ottima mediazione nel Governo, poi il Parlamento ha affossato tutto. Adesso mi dicono che devo imparare a dialogare. Io dico che la vera sfida è mettere d’accordo Bindi e Binetti, le due anime del cattolicesimo dentro al Partito democratico”.

Lei quanto è disposta a giocarsi in politica?
“Mi sono giocata la salute, sette denti (persi dopo uno sciopero della sete) e 32 anni di vita”.

A che cos’altro ha rinunciato?
“State chiedendomi perché il mio fidanzato mi ha lasciata? Se ne è andato nel 1993, ma il motivo non era la politica. Si era stufato, amava un’altra donna. Succede: anche se io, per la verità, pensavo saremmo invecchiati insieme…”

Le donne sono quelle che pagano di più in politica?
“Le donne pagano di più in qualunque posizione di potere”.

Parliamo di occupazione femminile: qual è la prima cosa che deve fare chi va al Governo?
“Asili, servizi sociali. L’Italia è divisa in due: al Nord l’occupazione femminile è a livelli europei (intorno al 60%), al Sud è ridotta alla metà. Ma ovunque il problema di fondo è identico: non ci sono aiuti alle famiglie. Nel nostro programma c’è anche un progetto di defiscalizzazione del lavoro femminile. Penso che sia utile, ma non risolutivo: 40 euro in più in busta paga non servono a molto se non sai dove mettere i figli o i genitori anziani”.

Lei non ha figli. Una rinuncia dovuta all’impegno politico?
“Io non parlo mai di rinunce, ma di scelte. Non ho avuto figli perché so di essere incapace di dire “per sempre”: due parole che la maternità impone”.

Due anni fa ha detto a “Grazia” di aver provato con la fecondazione assistita.
“E’ vero. Ma fu un tentativo dettato più dall’amore per un uomo che dal desiderio di maternità. E poi io due bambine le ho avute: due ragazzine in affido, trent’anni fa. Vivevamo con Adelaide Aglietta (altra leader radicale) e le sue figlie, in una specie di comune tutta femminile. E’ stato un periodo avventuroso e meraviglioso. Oggi una di loro è mamma e l’altra sta per diventarlo”.

Insomma, lei “per sempre” riesce a dirlo solo a Pannella…
(Ride) “Marco ha sempre avuto più fiducia in me di quanta non ne avessi io. Il rapporto con lui è impegnativo, faticoso, conflittuale, ma è la mia migliore assicurazione contro la mediocrità. Ci vogliamo bene. La lingua italiana prevede tre gradi di avvicinamento: ci si innamora, ci si ama, ci si vuole bene. Io e Marco siamo arrivati subito al terzo grado. Per fortuna di entrambi”.

Adesso nel Pd ci è entrata senza Pannella, come farà?
“Ragazze, anche voi prigioniere di uno stereotipo? Io, senza Pannella, ho fatto anni al Parlamento europeo, anni in Commissione europea… E, in questo Governo, non mi pare di aver avuto Marco come suggeritore sotto la scrivania”.

Lei ha vissuto a lungo al Cairo. Tutti pensavano che, lì, avesse un fidanzato.
“Altro stereotipo. Se una si prende un periodo sabbatico, allora… No, devo deludervi: niente fidanzato. Anche se, confesso, mi sarebbe piaciuto. E sarebbe piaciuto anche al portiere della casa in cui vivevo, che continuava a chiedermi: quando arriva suo marito? Ero al Cairo per imparare l’arabo: quattro anni avanti e indietro dal Parlamento europeo. Quattro anni di grande intensità. E solitudine”.

Piange mai per “motivi politici”?
“Spesso. Ma, se ce la faccio, preferisco farlo in privato. Piango di stanchezza, di rabbia, di mortificazione. E di gioia. Ho pianto tantissimo quando è stata approvata la moratoria contro la pena di morte alle Nazioni Unite”.

Giuliano Ferrara ha legato a questa approvazione la sua moratoria contro l’aborto.
“Sinceramente, l’ho trovata un’operazione di grande scorrettezza individuale”.

Che effetto le fa l’idea che la legge 194 venga messa in discussione?
“Chiarisco subito: l’aborto non è un diritto, ma un dolore. Il diritto è quello a una maternità consapevole, non subita”.

La sua vita politica è cominciata con un gesto di autodenuncia per aver abortito…
“Sono approdata in Parlamento nel 1976. Avevo 28 anni, nessuna esperienza politica e un unico obiettivo: combattere l’aborto clandestino che io avevo provato e subito. Mi sono trovata in un mondo sconosciuto e, per certi versi, surreale. Ricordo il mio primo intervento importante: avevo preparato per giorni una relazione di minoranza sui Servizi segreti. Alla fine della seduta ho ricevuto un biglietto dal ministro degli Interni, Francesco Cossiga. Diceva: “Collega, lei oggi è molto elegante”…”.

Aveva ragione: anche oggi è elegante. Proprio bella la sua giacca verde…
“Vi piace? L’ha fatta la sciura Pina, la mia sconosciutissima stilista personale”.

Non pensa che le donne politiche italiane dovrebbero credere un po’ di più nel made in Italy? Insomma dovrebbero portarselo un po’ addosso…
“Io nel made in Italy credo moltissimo. Come ministro per il Commercio estero ho fatto di tutto per incentivarlo e per promuovere, in particolare, l’imprenditoria femminile. Se parliamo di moda, sappiate che la borsa che ho con me è rigidamente firmata (ride)… Anche se la frequentazione con le griffe non è granché”.

Le piace lo shopping?
“Praticamente lo faccio solo in aeroporto, dove mi è capitato di pagare 300 euro una camicia bianca (firmata!). Stavo per svenire: sono molto tirchia”.

Quanto tirchia?
“Abbastanza da rinunciare a un albergo se mi costa 500 euro a notte. Detesto gli sprechi. Ma mi concedo molti lussi. Mi pago le campagne che ritengo giuste. E bellissimi viaggi con le amiche”.

Ci parli di loro.
“Siamo tutte sessantenni. Più o meno tutte single, per forza o per scelta. Ci piace passare le serate a ridere e chiacchierare”.

Parlate di uomini?
“No, niente uomini. E niente figli”.

C’è qualcosa che ha invidiato alle colleghe straniere durante gli anni al Parlamento europeo?
“La loro sicurezza. Prendevano spazi e parola con grande tranquillità. E poi i ritmi di lavoro: soprattutto quelli delle delegate dei Paesi scandinavi. Per loro è impensabile lavorare oltre le 5 di sera”.

Lei fino a che ora lavora?
“Di solito smetto verso le 9, le 10 di sera. Mi sembra di non aver mai fatto abbastanza, sento che c’è ancora bisogno di sistemare questo, e poi quello…”.

Deve per caso salvare il mondo?
“No, credo che sia colpa di un insaziabile senso del dovere imparato in famiglia”.

E che cos’altro le hanno insegnato in famiglia?
“A ballare. Mio padre ci portava fin da bambina. Adorava il liscio e mia madre lo detestava. E così eccomi qui, grande esperta di tango, ma anche di twist, di boogie… Mi diverto come una matta”.

Lei non sembra un tipo mondano.
“Infatti non lo sono per niente. Credo di non essere mai uscita a cena con un collega di lavoro”.

Non ha amici in Parlamento?
“No”.

E allora ci dica con chi sarebbe disposta a naufragare su un’isola deserta: Veltroni, Berlusconi, Fini, Casini…
“No, per favore. Non doveva essere deserta?”.

Torniamo alla politica, quella vera. Perché non piace alle donne?
“Perché è pochissimo accogliente nei loro confronti. Se vuoi entrarci, gli uomini certo non ti fanno posto”.

Lei crede nell’alleanza trasversale fra donne in Parlamento?
“Solo su obiettivi specifici. Come sulla legge 40, quella per la fecondazione assistita. Detto questo, non credo che le donne siano, in sé, migliori degli uomini. Detesto questo pregiudizio positivo”.

E che cosa crede, allora?
“Credo che noi donne abbiamo un rapporto emotivo con le idee. E questo mi piace”.

Secondo lei, quanto dovremmo aspettare per avere un premier o un presidente della Repubblica donna?
“L’Italia è culturalmente pronta per questo cambiamento. La politica no. Nel 1999 c’è stata la campagna “Emma for President”. Ricordate? Moltissimi si erano espressi a favore di una mia candidatura a presidente della Repubblica. Fu un grande successo di opinione. In Parlamento credo che mi abbiano votato in dieci”.

Messa da parte l’idea?
“Per niente. In Italia l’età media dei presidenti è 80 anni. Ne ho ancora 20 per farcela”.

26-III-08, Grazia/26-III-08, notizieradicali