(euroelecciones:) ´A favor de las listas transnacionales´, Antoine Bargas

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Le elezioni europee sono attualmente organizzate a livello nazionale : gli irlandesi votano per le liste irlandesi, gli spagnoli per le liste spagnole, gli italiani per le liste italiane e così via… Ma che fare se, da italiani, non vi piacciono le vostre liste e preferireste votare un candidato tedesco… restando però in Italia ? Che fare, poi, se volete votare per un partito che presenterà, in tutta l’Unione, un programma comune, e non un programma nazionale che, in ogni caso non potrà da solo mettere in opera ? In effetti, sia in termini di liste, che di programmi, i grandi partiti nazionali preferiscono limitarsi al quadro nazionale : invece di una vera consultazione su temi europei, le elezioni europee restano una serie di consultazioni nazionali, alquanto sterili, poiché si limitano in fondo ad una sola domanda : siete pro o contro il governo in carica?

Come risolvere questo difetto di funzionamento, come permettere alle elezioni europee di acquisire questa dimensione continentale di cui difettano così clamorosamente ? L’esperienza lascia pensare che, a differenza di quanto si pensava all’inizio, non si tratti solo di un problema di pratica, che dovrebbe risolversi gradualmente, grazie ad un processo di maturazione della democrazia europea e di sviluppo delle competenze dell’Unione.

In effetti, poiché il quadro nazionale è tuttora visto dalla maggior parte dei politici ambiziosi come più importante e prestigioso di quello europeo, i dirigenti dei partiti nazionali vogliono logicamente conservare le loro prerogative di designazione dei candidati e mantenere il Parlamento europeo in una posizione di inferiorità. Sembra piuttosto illusorio, dunque, attendersi da parte loro la costituzione di liste e programmi transeuropei. Ciò in effetti non si è mai davvero realizzato sinora, fatta salva l’esperienza del « Dream Team » transnazionale dei Verdi nel 2004 (con capilista comuni per tutta l’Europa), micro partito europeo senza eletti. Paradossalmente, il primo gruppo di rilievo a cercare di creare una reale piattaforma paneuropea –seppur molto eterogenea e superficiale – è Libertas, populista ed euroscettico.

Al fine di permettere alle elezioni europee di articolarsi attorno a veri e prorpi programmi di governo, e di interessare nuovamente i cittadini ad un progetto europeo dal quale si allontanano sempre più, è dunque urgente varcare questa soglia : costituire liste davvero transnazionali, che non siano unicamente alleanze piuttosto lasche tra partiti nazionali, ma derivino da una riforma più profonda, la costituzione di una circoscrizione unica paneuropea.

L’agorà europea non interessa più alla Commissione

Le iniziative in tal senso non mancano : nel 1998 il Parlamento europeo aveva lanciato l’idea di stabilire liste transnazionali su scala europea per il 20% dei seggi… idea seppellita del Consiglio, posto che i capi di Stato e di governo sono spesso capi di partito e cercano di mantenere le proprie prerogative di designazione dei candidati. Nel 2008, il Parlamento europeo propone l’idea della creazione di una circoscrizione unica paneuropea, ancora una volta insabbiata dal Consiglio.

Anche Jacques Delors, ai suoi tempi, immaginava che ciascun partito proponesse un candidato per il posto di Presidente della Commissione : l’idea, appoggiata dal PE, era di provocare un vero dibattito europeo. Nello stesso spirito, una proposta a favore di liste europee parzialmente transnazionali, sostenuta dalla Commissione Prodi, era stata avanzata dai rappresentanti del PE alla Convenzione sull’avvenire dell’Europa che redigeva il Trattato costituzionale. Oggi, questi progetti non beneficiano più del sostegno della Commissione, e Jose Manuel Barroso è ad essi completamente contrario. Conta più di tutto la sua seconda nomina, e così non bisogna troppo urtare la suscettibilità dei capi di Stato e di governo, che sono loro stessi leader di partito.

E’ una delle caratteristiche dell’attuale presidente della Commissione : non far ombra agli Stati membri, non proporre idee istituzionali o politiche troppo audaci, non tentare di difendere il messaggio europeo negli Stati membri in qualche maniera. Così, il silenzio della Commissione è stato assordante in occasione delle campagne referendarie in Spagna, Francia, Paesi Bassi o Irlanda. Risultato : la Commissione, una volta motore dell’integrazione europea e promotrice della democratizzazione dell’Unione, non partecipa più alla creazione di una « agorà » europea. Resta il solo PE a difendere la costituzione di liste transnazionali.

Questa strategia perseguita dal presidente della Commissione europea implica tuttavia una serie di effetti collaterali negativi. Rinforzando, per non dire creando, le condizioni della propria debolezza politica, la Commissione porta acqua al mulino dei suoi detrattori e alimenta le accuse di scarsa legittimità che le sono mosse : perché mai sarebbe essa legittimata a prendere questa o quella decisione ignota ai cittadini europei e mai discussa durante la campagna elettorale europea ?

Liste transnazionali per un’Unione più legittimata, ma sotto quale forma ?

I cittadini hanno diritto ad un dibattito europeo pubblico tra differenti liste che non sia una mera sovrapposizione di 27 dibattiti nazionali, ma che risponda a delle questioni di fondo : che farà un certo candidato alla presidenza della Commissione in materia di politica industriale, regionale o estera ? Per questo, liste transnazionali rappresenterebbero una soluzione adeguata, poiché permetterebbero alla Commissione di essere il prodotto di una deliberazione a europea e di assumere un ruolo politico.

Se la necessità di organizzare liste transnazionali è ormai chiara, le opinioni restano divise quanto alla formula concreta da adottare : bisogna accontentarsi di una revisione del modello attuale o compiere il grande salto verso una circoscrizione unica paneuropea ? Nella prima ottica, il fatto che differenti partiti nazionali facciano campagna elettorale nei rispettivi Stati ma su temi federatori, quali la designazione di un candidato alla presidenza della Commissione e un vero manifesto comune, e la messa in opera di quote transnazionali sulle liste nazionali, sarebbero sufficienti per far emergere un dibattito europeo. Da questo punto di vista la campagna 2009 è a mezza strada : ci sono iniziative comuni tra partiti nazionali (nell’ambito del Partito socialista europeo o dei Verdi europei), liste che presentano in posizioni rilevanti candidati non nazionali (Verdi, ALDE), candidati designati alla Presidenza della Commissione (PDE), ma i grandi partiti (PSE, PPE), non hanno né proposte politiche significative, né candidati alla presidenza della Commissione.

Seguendo la seconda alternativa, la conditio sine qua non dell’emergere di un dibattito europeo è l’istituzione di una circoscrizione unica paneuropea. Nel quadro di questa circoscrizione, le liste paneuropee si affronterebbero su questioni di portata europea. Gli ostacoli politici sono senza dubbio numerosi : dirsi socialista o liberale non ha lo stesso significato ovunque in Europa, e produrre una posizione politica comune e una lista paneuropea per ciascuna famiglia politica europea sembra in effetti molto difficile a breve termine. Le difficoltà attuali di ciascun partito a designare dei candidati per la presidenza della Commissione o a lanciare campagne comuni sono la prova che il grande salto federalista non è all’ordine del giorno. Tuttavia, le numerose disillusioni vissute sin dalle prime elezioni a suffragio universale diretto nel 1979 e le sempre forti reticenze dei partiti nazionali spingono a constatare che l’aggiustamenti marginali non potranno essere sufficienti. Così questo risulta l’orizzonte politico lontano di chiunque speri nell’emergere di un vero dibattito politico europeo, vera condizione di una (ri-)legittimazione dell’Unione.

15-V-09, Antoine Bargas, traduzione di Guido Sala Chiri, glieuros.eu